La Gabbianella e il Gatto Frasi

Dal meraviglioso romanzo di Luis Sepùlveda, abbiamo pensato di raccogliere le più belle frasi della Gabbianella e il Gatto.

E voi? L’avete mai letto? Un piccolo libricino ma ricco di significato e frasi sagge. Di seguito un piccolo riassunto della Gabbianella e il gatto che le insegnò a volare 😉

Le più belle frasi di La Gabbianella e il Gatto

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Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare è una delle più tenere storie scritte da Luis Sepùlveda nel suo romanzo pubblicato nel 1996 che vede un gatto, Zorba, prendersi cura insieme ai suoi amici di una piccola gabbianella e di insegnarle a volare.

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Due anni dopo, al cinema uscì il film d’animazione La Gabbianella e il gatto. La storia rimane abbastanza fedele al romanzo di Luis Sepùlveda, ampliata con alcune storielle che contribuiscono al fluire e al coinvolgimento della storia. In entrambi i casi, tante sono le frasi di La Gabbianella e il gatto che meritano di essere citate e sottolineate insieme ai dialoghi più toccanti e teneri

Trama di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare

 

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Tutto ha inizio quando, di ritorno dalla migrazione, Kengah, una giovane gabbiana con in grembo il suo primo uovo, non sente l’allarme del capo dello stormo di allontanarsi da quella zona, essendo sott’acqua per procurarsi aringhe per cibarsi. Appena riemersa si ritrova da sola bloccata in una pozza di petrolio e con grande difficoltà riesce a liberarsi e volare fino ad Amburgo e finisce sul balcone della casa di Zorba, un grosso gattone nero. La gabbiana ormai esausta chiede a Zorba di prendersi cura del suo uovo non appena verrà deposto..in particolare gli chiede di farle tre promesse: non mangiare l’uovo, prendersi cura del piccolo e successivamente di insegnarli a volare. Il gatto accetta e chiede aiuto degli altri suoi amici gatti per aiutare la gabbiana a liberarsi da tutto quel petrolio, la quale però purtroppo non riesce a sopravvivere…e ha usato le sue ultime forze per deporre l’uovo. Zorba rispetta la sua prima promessa e cova l’uovo finchè la piccola gabbianella riesce finalmente a nascere, credendo che il gatto sia la sua mamma. Zorba e i suoi amici gatti si prendono cura della gabbianella ma trovano grandi difficoltà  quando arriva il momento di insegnarle a volare. Decidono quindi di infrangere la regola che impone ai gatti di non parlare con gli umani  e si rivolgono al padrone di una bellissima gatta di cui sono tutti innamorati, un poeta, che consiglia loro il metodo: Fortunata dovrà saltare dal campanile di San Michele. Così accade. La gabbianella salta giù dal campanile e inizia a volare come una vera e propria gabbiana

Frasi Storia di una Gabbianella e il Gatto

“Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali”

vola solo chi osa farlo

vola solo chi osa farlo

“Vola solo chi osa farlo!”

Quello è il petrolio, la maledizione degli umani. (Igor)

Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole ed arriva sempre come ricompensa dopo la pioggia. Apri le ali.[…]
Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo

Com’è difficile per gli uomini. Noi gabbiani, invece, stridiamo allo stesso modo in tutto il mondo. […] Proprio così. E la cosa più straordinaria è che ogni tanto riescono pure a capirsi.

Ascolta, gatto.
“Ti leggero’ una cosa di un poeta che si chiama Bernardo Atxaga. Dei versi di una poesia intitolata “I gabbiani”:
“Ma il loro piccolo cuore
-lo stesso degli equilibristi-
per nulla sospira tanto
come per quella pioggia sciocca
che quasi sempre porta il vento,
che quasi sempre porta il sole” “Capisco. Ero sicuro che potevi aiutarci”, miagolo’ Zorba saltando giu’ dalla poltrona.

E’ molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile.

L’umano accarezzo il dorso del gatto.
«Bene, gatto. Ci siamo riusciti» disse sospirando.
«Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba.
«Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano.
«Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.

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“Sei una gabbiana. Su questo lo scimpanzé ha ragione, ma solo su questo. Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana. Non ti abbiamo contraddetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa. Non abbiamo potuto aiutare tua madre, ma te si. Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall’uovo. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie d’orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. E’ molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi.”

“Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o di lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.”

“È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.”

Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E’ acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali.” miagolò Zorba. “Ora volerai, il cielo sarà tutto tuo.

Zorba rimase a contemplarla finché non seppe se erano gocce di pioggia o lacrime ad annebbiare i suoi occhi gialli di gatto nero grande e grosso, di gatto buono, di gatto nobile, di gatto del porto.

“- Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando – Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò Zorba – Ah sì? E cosa ha capito? – chiese l’umano – Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba.”

E’ molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile.

“Miagolare l’idioma degli umani è tabù”.
Così recitava la legge dei gatti, e non perché loro non avessero interesse a comunicare. Il grosso rischio era nella risposta che avrebbero dato gli umani. Cosa avrebbero fatto con un gatto parlante? Sicuramente lo avrebbero chiuso in una gabbia per sottoporlo a ogni genere di stupidi esami, perché in genere gli umani sono incapaci di accettare che un essere diverso da loro li capisca e cerchi di farsi capire. I gatti sapevano, per esempio, della triste sorte dei delfini, che si erano comportati in modo intelligente con gli umani e così erano stati condannati a fare i pagliacci negli spettacoli acquatici. E sapevano anche delle umiliazioni a cui gli umani sottopongono qualsiasi animale che si mostri intelligente e ricettivo con loro. Per esempio i leoni, i grandi felini, obbligati a vivere dietro le sbarre e a vedersi infilare tra le fauci la testa di un cretino; o i pappagalli, chiusi in gabbia a ripetere sciocchezze. Perciò miagolare nel linguaggio degli umani era un grandissimo rischio per i gatti.

«Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. È acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali» miagolò Zorba. La gabbianella spiegò le ali. I riflettori la inondavano di luce e la pioggia le copriva di perle le piume. L’umano e il gatto la videro sollevare la testa con gli occhi chiusi. «La pioggia. L’acqua. Mi piace!» stridette. «Ora volerai» miagolò Zorba. «Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono» stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra- «Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo» miagolò Zorba.

Ti vogliamo tutti bene, Fortunata. E ti vogliamo bene perché sei una gabbiana, una bella gabbiana. Non ti abbiamo contradetto quando ti abbiamo sentito stridere che eri un gatto, perché ci lusinga che tu voglia essere come noi, ma sei diversa e ci piace che tu sia diversa. Non abbiamo potuto aiutare tua madre, ma te sì. Ti abbiamo protetta fin da quando sei uscita dall’uovo. Ti abbiamo dato tutto il nostro affetto senza alcuna intenzione di fare di te un gatto. Ti vogliamo gabbiana. Sentiamo che anche tu ci vuoi bene, che siamo i tuoi amici, la tua famiglia, ed è bene tu sappia che con te abbiamo imparato qualcosa che ci riempie di orgoglio: abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo. Sei una gabbiana e devi seguire il tuo destino di gabbiana. Devi volare. Quando ci riuscirai, Fortunata, ti assicuro che sarai felice, e allora i tuoi sentimenti verso di noi e i nostri verso di te saranno più intensi e più belli, perché sarà l’affetto tra esseri completamente diversi.

“Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E’ acqua. Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia. Senti la pioggia. Apri le ali” miagolò Zorba.

Zorba fece capolino. Erano davanti ad un edificio alto, sollevò gli occhi e riconobbe il campanile di San Michele illuminato da vari riflettori. I fasci di luce colpivano in pieno la sua struttura slanciata rivestita di lastre di rame che il tempo, la pioggia e i venti avevano coperto di una patina verde. […]
Dal campanile di San Michele si vedeva tutta la città. La pioggia avvolgeva la torre della televisione e al porto le gru sembravano animali in riposo. In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti.